È tutto un tripudio di libri fra saloni, festival e premi letterari.
Le case editrici fanno registrare numeri importanti (nel 2017 sono stati pubblicati 72.059 nuovi titoli su carta, secondo l’Ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori), contro i dati ISTAT del 2016 secondo cui 6 italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno (!)
Tra le voci di questo sconfinato catalogo, è emerso un caso editoriale che, nel corso degli anni, ha catturato l’attenzione di un numero sempre crescente di lettori, sia in Italia che all’estero: mi riferisco al romanzo “L’amica geniale” di Elena Ferrante (la cui vera identità resta ancora un mistero), il primo capitolo di una tetralogia costituita da altri tre racconti.
A dir la verità, sono sempre un po’ titubante riguardo al fenomeno dei “bestseller” (più avanti spiegherò il perché) ma l’imminenza dell’omonima serie TV (sugli schermi dal 27 novembre), mi ha dato l’impulso per leggere questo romanzo prima della sua messa in onda.
LA STORIA
Il libro è incentrato sulla profonda amicizia tra Raffaella (detta “Lila”) ed Elena (detta “Lenù”), un legame viscerale, indissolubile, nato fin dalla tenera età, che le unisce per sei decenni nonostante le vicissitudini della vita.
Fino a quando, un giorno, Lila scompare senza lasciare alcuna traccia, né un vestito né una foto, niente.
E così Lenù, voce narrante di tutto il racconto, decide di fare della loro storia un romanzo, ripercorrendo le vicende dell’infanzia e dell’adolescenza vissute insieme alla sua amica più importante.
La storia è ambientata nella Napoli del secondo dopoguerra (anni Cinquanta), in un rione lontano dal mare, pieno di tensioni e violenze, dove “è più facile sognare che guardare in faccia la realtà”.
Lila è una bambina esile, esangue, malvestita ma, per il suo carattere ribelle, è lei a criticare gli altri e a incutere soggezione. Sfrontata come poche, col suo piglio deciso e la sua lingua tagliente riesce a tener testa a chiunque con grande sicurezza.
Da adolescente, anche se la sua femminilità non è appariscente quanto quella delle sue coetanee, “emana un’energia che stordisce i ragazzi”, e riesce ugualmente ad attirare su di sé i loro sguardi (e anche quelli degli adulti).
A scuola dimostra un talento fuori dal comune mentre Lenù, per quanto diligente, non raggiunge gli stessi risultati, e sembra sempre “alla rincorsa” dell’amica, anche fuori dai banchi di scuola.
Ma sarà solo lei a continuare con successo gli studi che Lila, per ragioni economiche, è invece costretta a interrompere, finendo così a lavorare nella bottega artigiana del padre scarpaio.
Dove comunque si ingegna a disegnare scarpe mai viste prima, studiando al contempo il greco e l’inglese per conto suo.
Parafrasando un simpatico detto, se la vita le dà limoni, lei ci fa una limonata.
Non mi dilungo sui successivi accadimenti, per non togliere la curiosità a chi vorrà leggere tutta la storia o vederne solo la trasposizione televisiva.
Aggiungo solamente che dalla copertina del libro si può intuire qualcosa…
Sono pagine vive, pulsanti, che descrivono l’evoluzione di un rapporto complesso fatto non soltanto di complicità, confidenze, ammirazione e affetto, ma anche di rivalità e di sentimenti meno nobili come l’invidia e la gelosia.
“L’amica geniale” non è soltanto un romanzo di formazione ma offre anche uno spaccato della società di quegli anni, descrivendo le dinamiche di quartiere e i rapporti umani dei numerosi personaggi secondari che lo animano.
LA SCRITTURA
Se la storia e i personaggi hanno una loro forza intrinseca, quello che mi ha convinto di meno è la scrittura. Preciso subito che non si tratta di un romanzo scritto male, anzi, la prosa è scorrevole e si legge con facilità.
La narrazione è lineare, la Ferrante non divaga, racconta i fatti in sequenza ordinata, e per questo motivo la storia sembra già perfetta per una serie TV.
Ma questa cifra stilistica “rassicurante” è al contempo un limite se si cercano testi con un linguaggio più originale e sorprendente.
Personalmente, preferisco una lingua diversa, più letteraria, coraggiosa, evocativa, capace di scardinare il mio stato vigile per farmi volare con l’immaginazione.
Ma capisco che il romanzo commerciale debba esprimersi con una lingua semplice, riconoscibile.
Il lettore va preso per mano e condotto dall’inizio alla fine senza incertezze, non sia mai che rinunci a leggere l’unico libro dell’anno…
Photo cover by Mārtiņš Zemlickis
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