Mi piace il minimalismo.
Non mi riferisco a quella corrente di pensiero che ha attraversato l’arte, la letteratura o l’architettura qualche decennio fa.
Intendo invece quello stile di vita semplice, fatto più di esperienze che di oggetti materiali, che ci chiede di apprezzare quello che si ha invece di inseguire ciò che il modello consumistico ci propina di continuo.
Mi fa pensare a quando, da bambini, si giocava felici anche senza niente. A cosa potevano servire gli oggetti quando, con la vivida immaginazione di quell’età, si poteva plasmare l’invisibile in infinite forme a proprio piacimento?
Che l’essere umano possa vivere meglio con meno, è cosa nota da tempi immemori, ma negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di “decluttering” (la pratica di liberarsi delle cose superflue), anche grazie a best-seller come “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo.
Non ho ancora letto questo testo ma presumo che ci sia qualcosa di molto spirituale nell’atto di disfarsi della zavorra stipata nelle nostre case, che va ben oltre l’immediato piacere di disporre di più spazio per muoversi meglio.
È stato invece un altro libro a catturare la mia attenzione per via del suo titolo che, in quattro parole, racchiude l’essenza di concetti che sento appartenermi nel profondo.
“La leggerezza del poco” è un manuale pratico rivolto a chi desidera condurre una vita all’insegna della qualità, scritto dalla giapponese Emiko Kato, designer di interni ed esperta di galateo e lifestyle.
Come recita il sottotitolo, il tema di questo breve saggio consiste nel “Rinunciare al tanto, cercare il meno, preferire il bello”, una filosofia da applicare ad ogni aspetto della propria vita.
Ad onor del vero, non si può parlare di un capolavoro, ma se ne possono comunque ricavare alcuni validi spunti di riflessione.
UNA VITA SEMPLICE RICHIEDE OGGETTI DI QUALITÁ
Per impostare l’esistenza sulla semplicità, la qualità diventa un elemento imprescindibile per poter contare soltanto su un numero ridotto di oggetti.
Qualità significa prodotti di ottima fattura, realizzati con materiali selezionati, ma non necessariamente oggetti di lusso: non tutto quello che è considerato lussuoso è sinonimo di pregio, e in ogni caso lo stile non ha nulla a che fare con lo sfarzo.
Il possedere poche cose nasconde grandi significati:
- riducendo il numero degli oggetti emerge la personalità di chi li sceglie, in quanto si devono vagliare con cura le soluzioni migliori in base al proprio ingegno
- nella società degli sprechi, produrre pochi rifiuti diventa un atto meritorio
- un oggetto di qualità richiede l’accuratezza necessaria per valorizzarlo e trattarlo con attenzione. Nel prenderci cura di una cosa di valore, saremo portati ad affinare i nostri gesti elevando al contempo il nostro spirito anche nelle relazioni interpersonali, nel rispetto universale di persone e oggetti.
Un oggetto di pregio sviluppa la raffinatezza di chi lo possiede: va da sé che, ad esempio, ci sono poche speranze di redimere il coatto che alla prima curva distrugge il bolide regalato da papà.
LA DECOROSA POVERTÁ
La scrittrice illustra con un’immagine il concetto di “decorosa povertà”, alla base della tradizione nipponica:
“La decorosa povertà si ritrova in una finestra di vetro ben strofinata. Anche se al suo interno non c’è nulla che brilla, una stanza con i vetri puliti e trasparenti è bella. La sensazione di pulito, data dall’assenza di sporcizia, è il primo passo verso la bellezza.
Un vetro senza aloni costituisce il lusso nella decorosa povertà”.
SPAZI DI QUALITÁ
Abbellire gli spazi rende migliori anche le persone che ci vivono quotidianamente, perché è una pratica connessa a comportamenti positivi ed eleganti.
Uno spazio di qualità infonde sensazioni di comfort e armonia, dato che non ci sono oggetti inutili a disturbare la visione d’insieme o a intralciare gli spostamenti al suo interno.
In un’abitazione semplice trovano posto solo arredi essenziali, pochi oggetti ma di bella foggia, foto/quadri appesi alle pareti e fiori freschi sulla tavola.
Il colore consigliato per la cucina, il servizio da tavola e i tessuti è il bianco, perché illumina, fa risaltare gli altri colori ed è sinonimo di pulizia (il minimo sporco si nota subito e viene immediatamente eliminato).
Il bianco è un tipico esempio di lusso nella decorosa povertà.
Tutto ciò mi ricorda le caratteristiche tipiche del design scandinavo. Nonostante la distanza geografica e culturale, sotto l’aspetto minimalista il Paese del Sol Levante e quelli del Nord Europa presentano molte analogie.
È fondamentale sbarazzarsi degli oggetti che non rispondono più ai propri gusti e, soprattutto, rimettere SUBITO a posto le cose, cercando un sistema semplice per riporre gli oggetti per non cadere nella trappola di lasciarli dove si trovano (rimandando il tutto ad un momento successivo, il disordine aumenterà inesorabilmente).
Il libro contiene poi numerosi consigli pratici relativi a tanti altri aspetti, dall’abbigliamento alla cucina, spaziando per tutte quelle pratiche virtuose da adottare per condurre una vita “ecologica” e appagante per sé e per gli altri.
Si sottolinea quindi l’importanza del riciclo (oltre a preservare l’ambiente, alimenta la creatività), degli hobby (nell’atto di realizzare qualcosa è insito un processo di purificazione spirituale), della propria formazione culturale e delle relazioni sociali autentiche, basate sulle affinità reciproche e non sugli interessi personali.
In conclusione, ogni giorno bisognerebbe conferire valore al tempo che si ha a disposizione e vivere in modo semplice, eliminando il superfluo e puntando sulla qualità di ciò di cui si ha davvero bisogno.
Less is more (anche per l’anima).
Cover photo by Jason Leung
Photo “Plant and daylight” by Olu Eletu
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